I NOSTRI DON

“Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto”: Omelia 17 Marzo 2024 (dFR)

VANGELO (Gv 12,20-33)
Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto. + Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù».
Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Dare la vita (dMP)

Il seme scompare per dar luogio alla pianta: senza questo sacrificio non c’è vita.

La storia dell’umanità e del popolo ebraico è un pendolo che oscilla tra l’unione con Dio e l’allontanamento da lui. Gli ebrei, gli eletti, hanno subito tra le tante prove, l’esilio all’epoca di Ge-remia. Il profeta annuncia però un tempo di riconciliazione in cui sarà costituita un’alleanza nuova ed eterna, come quella sancita con Noè. L’iniziativa di questo patto viene da Dio che scriverà la legge nel cuore degli uomini. È quello di cui parlerà San Paolo dicendo che lo Spirito abita nell’intimo dei credenti come un mae-stro interiore. Gesù offre sé stesso come vittima di espiazione e apre la porta del Regno non solo agli ebrei ma a tutta l’umanità, attuando la promessa che Dio fece ad Abramo, il cui nome ap-punto significa padre dei popoli. I greci che nel vangelo vogliono incontrare il Maestro, rappresentano i pagani che bussano alla porta del Regno, ma non potranno essere accolti se non dopo la resurrezione del Cristo. Questo è il senso dell’immagine del seme che non può dare frutto se prima non muore. Il sacrificio di un solo chicco genera una intera spiga. Gesù è il nostro modello, come da lui germoglia l’umanità nuova, così anche noi dobbiamo dare la vita per produrre frutto. Egli usa un linguaggio molto di-retto, che non lascia spazio al compromesso: per meritare l’eter-nità bisogna odiare la propria vita. Non è un invito al suicidio o allo spreco, ma a non considerare l’esistenza terrena come l’unico nostro orizzonte. Il vero amore conosce necessariamente il sacri-ficio. Non si può generare senza dolore, né si può far crescere e nutrire i propri figli senza condividere con loro il proprio pane e il proprio tempo. Gesù stesso, guardando la passione che lo aspetta, è turbato, la sua umanità, come la nostra, teme il dolore e la morte, ma è determinato a realizzare la sua missione di Sal-vatore. La glorificazione del Padre si manifesta nel sacrificio del Figlio. Anche noi possiamo essere partecipi di questa gloria ge-nerando. Infatti la fecondità è il fine del vero amore. Il chicco che non dona se stesso rimane da solo, dall’egoismo non si miete nulla. La morte e la resurrezione fanno del Cristo l’origine della nuova umanità, che non conosce confini di razza e di nazionalità. In questo si compie il giudizio del mondo. L’amore di Gesù è come una pietra che si pone sul cammino: o la si usa per salire o ci si schianta contro. Il crocifisso, innalzato da terra, attira a sé coloro che lo guardano e provano ad imitare il suo esempio. Il cristiane-simo è una scelta d’amore, non semplicemente una consuetu-dine. È più di una religione, è una vita da vivere e far vivere.

“Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui”: Omelia 10 Marzo 2024 (dDA)

VANGELO (Gv 3,14-21)
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui. + Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Luce e libertà (dMP)

Venire alla luce vuol dire impegnare la propria libertà nell’accogliere la salvezza che ci è data gratuitamente.

Nell’Antico Testamento tutto è sempre riferito a Dio, ogni evento è frutto della sua volontà. Il popolo ignora gli ammonimenti del Signore e si attira la condanna. Sembra dunque che Dio abbia giudicato e punito il suo popolo, in realtà l’esilio è la conseguenza delle scelte che esso ha compiuto. Questo si applica anche alla nostra vita: siamo liberi e attraverso le nostre scelte decidiamo se essere o meno salvati. Si tratta di una salvezza gratuita, ma non imposta. Gesù cerca di far capire questo a Nicodemo. Egli, fariseo come San Paolo, era una delle autorità del tempio. Lo in-contriamo tre volte nel vangelo di Giovanni e questa è la prima. Egli benché affascinato da Gesù, aveva paura di manifestare il suo interesse per il Nazareno, perché temeva il giudizio dei suoi pari; così va dal Maestro di notte, per non essere visto. Gesù lo accoglie e il colloquio è molto convincente per il fariseo, tanto che questi cercherà in una occasione di difendere il Maestro davanti ai sommi sacerdoti che ne volevano l’arresto e, quando Gesù sarà deposto dalla croce, egli offrirà oli profumati e molto preziosi per la sua sepoltura. Gesù fa riferimento al libro dei Numeri (21, 4-9) dove è narrato che gli ebrei sono guariti dal morso di serpi velenose dall’immagine di un serpente di bronzo innalzata da Mosè. Per essere guariti bisognava guardare quel serpente. Al-meno alzare lo sguardo. La salvezza che viene da Gesù è gratuita. Il Padre vuole salvare tutti e cerca in ogni modo di farlo. Non condanna il mondo, ma gli offre la possibilità della vita eterna. La condizione è una sola: credere nel Figlio, cioè alzare lo sguardo su colui che, innalzato sulla croce, diventa il serpente di bronzo che salva dalla morte. Questo significa impegnare la propria li-bertà, uscire allo scoperto non nascondersi nelle tenebre. Gesù con molta delicatezza mette Nicodemo davanti alla sua respon-sabilità. A lui che è venuto al buio per paura, parla della luce che non si deve temere. Chi commette il male agisce nell’ombra, na-sconde i suoi intenti con sotterfugi e inganni. Nicodemo viene richiamato alla necessità di uscire allo scoperto perché Gesù è la Luce. Il giudizio cui il mondo è sottoposto è in realtà un autogi-dizio, perché è conseguenza di una libera scelta. È un invito a tutti noi a impegnare la nostra libertà, ad accogliere la luce senza nasconderci e senza fare compromessi. Possiamo guardare al Crocifisso ed essere testimoni coraggiosi della salvezza che gra-tuitamente egli ci dona.

“Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”: Omelia 3 Marzo 2024 (dDV)

VANGELO (Gv 2,13-25)
Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere + Dal Vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

“Questi è il Figlio mio, l’amato”: Omelia 25 Febbraio 2024 (dDA)

VANGELO (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l’amato. + Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

“Gesù, tentato da satana, è servito dagli angeli”: Omelia 18 Febbraio 2024 (dFR)

VANGELO (Mc 1,12-15)
Gesù, tentato da satana, è servito dagli angeli
+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo»

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Nuovo Inizio (dMP)

La quaresima è il tempo per rinnovare la nostra scelta di essere cristiani.

Le letture di oggi ci parlano di nuovi inizi. Ai tempi del diluvio Dio si pentì di aver fatto l’uomo, ma non lo distrusse perché vide qualcosa di buono in Noè, qualcosa per cui valeva la pena conti-nuare. Quando la terra fu di nuovo asciutta, era come purificata e pronta per essere abitata dall’uomo. L’alleanza che il Creatore stringe con Noè segna un promettente inizio e l’arcobaleno è la garanzia che non ci sarà più un castigo così terribile. Se l’uomo sarà cancellato dalla terra non sarà per opera di Dio. San Pietro mette in relazione il diluvio con il battesimo. Così come la terra fu purificata dalle acque, il battesimo lava il peccato originale e apre la porta a una nuova vita. Chi è stato battezzato da bam-bino, non percepisce immediatamente questa novità, mentre è molto evidente per chi arriva con maturità a fare la scelta di es-sere cristiano. È bene che ciascuno di noi rifletta su questo, non siamo cristiani automaticamente e nemmeno perché i nostri ge-nitori hanno scelto per noi, possiamo esserlo solo se lo vogliamo. Gesù, all’inizio della sua vita pubblica, è sospinto nel deserto. Silenzio e solitudine sono amici dell’interiorità. Non si può ascol-tare lo Spirito che parla nel cuore se la sua voce è sovrastata da mille rumori e distrazioni. Il Maestro ritrova sé stesso, il suo con-tatto col Padre, e affronta il male. Se non fosse stato tentato po-tremmo dubitare della sua reale umanità, perché la tentazione è l’altra faccia della medaglia della libertà che caratterizza la nostra esistenza. Se noi fossimo delle marionette, del tutto soggetti ad una volontà superiore, non conosceremmo nessuna tentazione, perché non potremmo scegliere. Invece quando ci si accinge a iniziare un nuovo percorso si può essere certi di essere messi alla prova. Ogni scelta infatti è come trovarsi ad un bivio, se si im-bocca una strada si escluderà l’altra. È naturale che ci si do-mandi se la via presa sia quella buona. Se però il dubbio ci ac-compagna sempre, il cammino si fa davvero difficile. È impor-tante allora fermarsi e riflettere, guardarsi dentro per ritrovare l’energia e l’entusiasmo degli inizi. Ecco il senso della quaresima. Come Gesù dobbiamo fermarci e rinnovare il rapporto col Padre, chiederci se il nostro essere cristiani è una scelta o un’abitudine. Come quando si parte per un viaggio bisogna fare le valige. Non possiamo portarci dietro tutto, e allora si sceglie. Il mondo è pieno di opportunità e di persone, ma non tutto è compatibile con quello che voglio essere. La quaresima è il tempo per rinnovare la nostra scelta.

“Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”: Omelia 14 Febbraio 2024 (dDV) – Mercoledì delle Ceneri

VANGELO (Mt 6,1-6.16-18)
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. + Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

“La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato”: Omelia 11 Febbraio 2024 (dDV)

VANGELO (Mc 1,40-45)
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. + Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Toccare l’intoccabile (dMP)

Quello che per l’uomo è intoccabile non lo è per Dio: la Sua misericordia è più grande del nostro cuore!

L’invalidità e la malattia erano considerati una sorta di maledi-zione, un segno della presenza del peccato nel malato stesso o nella sua famiglia. Gli ebrei avevano orrore dell’impurità, che era normata dalla legge, e il contatto con persone, cibi o oggetti im-puri era un peccato che andava lavato con una purificazione ri-tuale. La lebbra poi era il male impuro per eccellenza. Il Levitico bandiva il lebbroso dalla società, costringendolo ad una vita mi-serabile e solitaria. Non solo, doveva anche avvertire della sua immonda presenza gridando: impuro, impuro! al suo passaggio. Una condizione miserevole e umiliante. Nonostante ciò il leb-broso del vangelo osa avvicinarsi a Gesù per chiedergli di essere guarito. Questo ci insegna qualcosa. L’obiettivo del demonio, non è solo quello di tentare e indurre al peccato, ma in generale di allontanare da Dio. Quando ottiene di far cadere qualcuno subito approfitta del suo rimorso e gli suggerisce che è indegno, sporco, che la sua colpa è troppo grossa, imperdonabile. Si tratta di una tentazione subdola e pericolosa. Dio non vuole la morte del pec-catore, tanto è vero che sacrifica suo figlio per riconciliare l’uma-nità, ed è contento quando il figliol prodigo torna sui suoi passi. Si fa festa in cielo quando un peccatore si converte (Lc 15,7) e dunque anche noi dobbiamo fare questo passo verso il Signore umilmente e senza paura. Il resto lo fa la compassione di Gesù, che non sa resistere alla preghiera di chi chiede il suo perdono. Infatti tende la mano e tocca l’intoccabile. Quello che è sporco e immondo per gli uomini non lo è per Dio! La sua misericordia è più grande della nostra. Il contatto con lui cancella la lebbra istantaneamente. La guarigione è totale, tanto del corpo che dello spirito, ma è la purificazione interiore che interessa a Gesù, men-tre la salute fisica ha solo valore di segno, di conferma delle sue parole. Lo invita a presentarsi al tempio e a compiere i riti pre-scritti dalla legge, perché il perdono, anche se è solo di Dio, passa per le mani del sacerdote. La gioia di quell’uomo è però troppo grande e non riesce a tacere. Un incontro autentico con Gesù cambia la vita. Il passo successivo alla conversione, come ci sug-gerisce S. Paolo, è l’imitazione di Cristo. Impariamo da Gesù la sua sollecitudine verso chi soffre. Ricordiamo che la sofferenza fisica è specchio di una grande sofferenza interiore e cerchiamo di imitarlo nell’andare incontro a chi è malato con lo stesso slan-cio che lo ha spinto a toccare chi doveva essere intoccabile.

“Guarì molti che erano affetti da varie malattie”: Omelia 4 Febbraio 2024 (dDV)

VANGELO (Mc 1,29-39)
Guarì molti che erano affetti da varie malattie.
+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Riposo e consolazione (dMP)

Gettiamoci nelle Sue braccia per essere guariti e consolati.

Il libro di Giobbe è molto importante perché segna una svolta nel modo di affrontare il problema del dolore e del male. La visione antica, risalente ai tempi di Mosè, era un po’ troppo semplicistica nell’affermare che ai buoni è accordata prosperità e buona for-tuna, mentre i peccatori soffrono per il male che commettono. L’esperienza quotidiana invece ci mostra che il mondo è pieno di gente malvagia che se la spassa e questo era anche sotto gli occhi degli ebrei di allora. D’altronde se la giustizia appartenesse a que-sta terra, Gesù non sarebbe mai stato crocifisso. Giobbe è un uomo giusto che va in rovina e tuttavia conserva la fiducia in Dio, che alla fine lo salverà. La lettura che abbiamo fatto è attraver-sata da un grande pessimismo, che ritroviamo anche nel libro del Qoelet, perché a quei tempi si pensava che l’anima sopravvivesse al corpo, ma come un’ombra e che la vita vera fosse quella prima della morte fisica. Mancava un tassello fondamentale: il Cristo. È lui che salva e in lui i morti possono risorgere a una vita nuova e piena, simile a quella dell’uomo prima del peccato originale. Senza il Salvatore saremmo come i condannati nel braccio della morte. Possiamo allora comprendere l’infinito valore dell’incarna-zione di Dio in Gesù Cristo. Nel vangelo di oggi il Maestro è a Cafarnao, il paese di Pietro, e sta uscendo dalla sinagoga dove ha liberato l’indemoniato, episodio che abbiamo letto domenica scorsa. Va a casa di Simone dove compie la sua prima guarigione. L’evangelista ci offre un particolare importantissimo: è sera, dopo il tramonto, la lunga giornata è finita, la gente che va da Gesù è stanca e piena di miserie. Sono come Giobbe, stanno per cori-carsi e si chiedono se vedranno il mattino, hanno bisogno di ri-poso e di consolazione. Il Signore li guarisce e li libera dal male. È un’immagine meravigliosa. Nel buio della notte c’è una luce che brilla e che scalda. Al mattino Gesù va a pregare in un luogo solitario. È un indizio e un suggerimento per noi: pregare è ripo-sare nelle braccia del Padre. Pietro si stupisce che il Maestro possa stare lì quando tutti lo cercano, quasi che stesse perdendo tempo. L’esempio del Signore insegna che non si può sempre dare, occorre anche ricaricarsi nel contatto con Dio. Le guarigioni sono funzionali al messaggio della salvezza, non sono lo scopo della missione di Gesù. La preghiera è allora una importante so-sta per ritrovare energie e anche per rimanere fedeli alla propria vocazione, senza farsi travolgere dal desiderio di un’affermazione personale. L’ascolto di Dio chiarisce ciò che è più importante.

“Insegnava loro come uno che ha autorità”: Omelia 28 Gennaio 2024 (dDA)

VANGELO (Mc 1,21-28)
Insegnava loro come uno che ha autorità. + Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.
Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Lotta (dMP)

Il male si combatte con la preghiera e la purezza del cuore.

Ogni uomo può mettersi in ascolto di Dio, ma il peccato osta-cola questa capacità. L’origine di tutti i peccati è la pretesa di bastare a sé stessi e di essere padroni del proprio destino. L’uomo da sempre è tentato di credere di non avere la neces-sità di un riferimento trascendente come se bastassero le sue conoscenze e capacità. È evidente che un simile atteggiamento costituisce una chiusura totale, spesso aggravata dalle mille distrazioni che ci bombardano e ci anestetizzano. Il Signore però non ci ha creati per la morte, ma per la vita. Dunque non ci abbandona a noi stessi e cerca di superare il muro della nostra indifferenza inviando dei portavoce: i profeti. Sono uo-mini che collegano la terra con il cielo, pontefici, cioè costrut-tori di ponti verso l’Infinito. Anche i profeti però sono soggetti alle tentazioni, tanto che il Deuteronomio dice che è possibile che qualcuno di loro annunci qualcosa che non viene da Dio, ma dalla sua vanagloria. Il rimedio a questo male è la dedi-zione alla vocazione. È quanto afferma San Paolo nella se-conda lettura presentando i vantaggi della verginità. Non biso-gna confondere però. Il matrimonio non vale meno della vita consacrata: semplicemente è una vocazione diversa. Si parla infatti di castità anche nel legame tra coniugi, che non signi-fica l’astenersi dai rapporti, ma la vigilanza sul proprio cuore, perché l’amore per il coniuge non sia inquinato dall’egoismo o dall’interferenza di altre passioni. Come un uomo che si lega ad una donna non deve dividere il suo cuore con amori diversi, così chi si dedica a Dio deve essere tutto per Lui, senza com-promessi. Verginità diventa allora sinonimo di dedizione e la Madonna ne è il più grande esempio. Gesù insegna con auto-rità perché domina il male e non si allontana mai dalla volontà del Padre. La sua parola è in tutto parola di Dio. Egli è il Pon-tefice per eccellenza, che rende visibile il volto del Padre e che fa udire la Sua voce. I miracoli che compie vanno nella dire-zione di rafforzare e confermare i suoi insegnamenti. A Cafar-nao guarisce l’indemoniato scacciando lo spirito impuro per dimostrare che non è come gli altri profeti che devono lottare contro il male, ma al contrario egli vince il male che lotta con-tro di lui. Noi tutti dobbiamo, sul suo esempio, diventare pon-tefici, testimoni di Dio nella vita di ogni giorno, impegnandoci a scacciare il male che chiude il nostro cuore.

“Convertitevi e credete al Vangelo”: Omelia 21 Gennaio 2024 (dDV)

VANGELO (Mc 1,14-20)
Convertitevi e credete al Vangelo. + Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Prontezza (dMP)

I discepoli sono subito pronti a seguire la chiamata del Maestro.

Il profeta Giona fu chiamato al difficile compito di annunciare ai pagani della città di Ninive un imminente castigo. La sua risposta non fu immediata. Forse temendo che i niniviti lo perseguitassero per la sua infausta predizione, cercò di fuggire e si imbarcò per andare nella direzione opposta alla città, ma una violenta tempe-sta si abbatté sulla nave. I marinai capirono che era Giona ad attirare la cattiva sorte perciò lo gettarono in mare dove un pesce lo inghiottì per poi vomitarlo a riva dopo tre giorni. Quella che leggiamo oggi è la sua seconda vocazione, alla quale il profeta prudentemente aderì. Ben diversa è la risposta dei quattro disce-poli alla chiamata di Gesù. Domenica scorsa abbiamo letto la versione che ne dà Giovanni, il quale dice che fu Andrea a pre-sentare al Cristo suo fratello Pietro, mentre i primi tre vangeli, detti sinottici, riportano l’episodio come ci viene proposto oggi. A differenza di Giona, i quattro pescatori non hanno nessuna esi-tazione: subito lasciate le reti lo seguirono. L’evangelista Luca ar-ricchisce il racconto facendo precedere la chiamata dalla pesca miracolosa, quasi che Pietro e Andrea fossero stati affascinati da quel fatto, ma l’esito non cambia perché lo seguono immediata-mente. Quando io ho cominciato gli studi per diventare prete, lavoravo nel campo delle reti di telecomunicazioni e mi ricordo che alla mia ammissione in seminario feci ridere tutti dicendo che anch’io avevo lasciato le reti per seguire Gesù. I miei genitori erano preoccupati che io rinunciassi a un buon posto di lavoro e a una possibile carriera, ma è del tutto naturale darsi pensiero per i figli. È dunque una pazzia accogliere la sua chiamata? Sì, se la prospettiva da cui guardiamo le cose è solamente umana. Il Maestro però propone un punto di vista molto diverso: il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino! Il nostro destino non è la pen-sione e la morte, ma la vita eterna. Passa la scena di questo mondo, dice Paolo nella seconda lettura, per sottolineare proprio questo. I discepoli capiscono subito che seguendo Gesù non per-dono un lavoro ma guadagnano l’eternità. La loro vita è amplifi-cata enormemente perché diventano pescatori di uomini. Se prima non si muovevano mai dalle sponde del loro lago portando a casa qualche cesta di pesci, da apostoli diventano un punto di riferimento per l’umanità di ogni tempo e con le loro reti pescano anime. Dal mare in tempesta che è il mondo, contribuiscono a salvare tanti uomini che altrimenti vi annegherebbero. È una missione entusiasmante e una opportunità che non si può per-dere.

“Videro dove dimorava e rimasero con lui”: Omelia 14 Gennaio 2024 (dDV)

VANGELO (Gv 1,35-42)
Videro dove dimorava e rimasero con lui. + Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Lettura (audio) del Vangelo

Omelia
(mp3)

Curiosità (dMP)

Gesù si lascia incontrare da chi ha voglia di conoscerlo e ascoltarlo.

La vocazione del piccolo Samuele è una delle pagine più belle dell’Antico Testamento. La madre di Samuele lo aveva concepito dopo molti anni di matrimonio e tante preghiere, quando tutti pensavano che fosse sterile. Così la donna lo offrì al Signore por-tandolo ancora bambino al tempio perché servisse Dio e il sacer-dote Eli. Il racconto della vocazione fa pensare a un fatto straor-dinario, perché il piccolo sente la voce di Dio, ma in realtà il Si-gnore parla a ciascuno di noi nel cuore. Nessun uomo è un’isola, intero per se stesso, è un celeberrimo verso del poeta inglese John Donne, che esprime l’incompletezza dell’uomo solo e la reciproca dipendenza che ci lega. Il nostro cuore è inquieto perché cerca il suo completamento. Sant’Agostino nelle Confessioni, dice che lui si gettava con avidità sulle cose esteriori inseguendo una sazietà che non trovava mai, ma poi finalmente scoprì che nel cuore del suo cuore c’era l’unico amore che non tradisce mai, capace final-mente di colmare la sua solitudine. Samuele per tre volte non sa riconoscere il richiamo di Dio. Come accadde ad Agostino e come succede spesso a noi, anche lui brancola cercando di capire, cre-dendo di trovare risposte dove non ci sono. Eli, benché non fosse uno stinco di santo, gli dà la dritta giusta: sta in silenzio e renditi disponibile. Il Signore non è un’astrazione, un concetto, è una persona da incontrare a da amare. Quando i discepoli di Gio-vanni incontrano Gesù, sono le quattro del pomeriggio. È un det-taglio in apparenza superfluo che però sottolinea il contesto as-solutamente quotidiano in cui questo incontro avviene. Come dire che il Maestro entra nella nostra vita di ogni giorno, nella ferialità. Non è un’esperienza riservata ai mistici, né un miracolo. Dove abiti, gli chiedono e Gesù li invita ad andare a vedere e a trascorrere il pomeriggio con lui. Per conoscerlo bisogna frequen-tarlo, passare del tempo con lui, ascoltare le sue parole, avere cioè un rapporto personale. Io vorrei dire a tutti e specialmente a voi ragazzi, di fare come Samuele e come Andrea, di chiedere a Gesù questo incontro personale e quotidiano: portami a casa tua, parlami, io ti ascolto. Non preoccupatevi di come vi parlerà, non è necessario sentire la risposta con le orecchie, ma rendetevi di-sponibili, aprite il cuore, provate a fare un po’ di silenzio davanti a lui e l’incontro avverrà. Se ogni giorno gli facciamo posto, lo accogliamo, allora diventeremo suoi amici, lo conosceremo per-sonalmente e capiremo anche cosa ci chiede, capiremo la nostra vocazione.

“Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”: Omelia 7 Gennaio 2024 (dDA) – Battesimo del Signore

VANGELO (Mc 1,7-11)
Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento.

+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

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