Esdra e Neemia

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Il Libro di Esdra

In seguito alla distruzione del regno settentrionale di Israele nel 722 A.C. la popolazione fu dispersa in tutto il mondo antico e se ne persero le tracce.
La regione fu invasa dagli Assiri e da altri popoli stranieri, divenuti poi i Samaritani del tempo di Gesù.
Quando invece cadde il regno meridionale di Giuda nel 587 A.C. quasi tutta la popolazione fu fatta prigioniera e deportata in esilio in Babilonia. Trovandosi radunati in un sol luogo, i prigionieri poterono conservare la loro identità nazionale.
Anche se la vita in esilio era dura, il pensiero e il ricordo di Gerusalemme li sostenne durante tutto questo periodo, fino a quando Ciro, re di Persia, concesse loro il permesso di rientrare.
Il salmo 136 è una stupenda, seppur triste, rievocazione del periodo dell’esilio.
I re di Persia furono in generale molto liberali con i culti dei popoli conquistati: si mostrarono tolleranti e addirittura rispettosi.
Così il giudaismo, anche in esilio, beneficiò di un favore speciale: il Dio degli Ebrei, designato sempre come “Dio del cielo” negli atti ufficiali, poteva essere messo sullo stesso piano del dio supremo dei grandi re pagani.
Il Libro di Esdra inizia con l’editto di Ciro che autorizza il popolo di Giuda a far ritorno in patria. Esdra era uno degli incaricati a guidare un gruppo di esiliati nel viaggio di ritorno per ristabilirsi nella loro terra.
Questa prima ondata di rimpatriati, che giunsero in Palestina verso il 530 A.C., dovette affrontare mille difficoltà. Dovevano ricostruire le città, costruire nuove mura, dissodare nuovamente la terra, costruire case, in breve rifarsi una nuova vita; il tutto tra le ostilità delle popolazioni che nel frattempo si erano insediate nella regione.
Fu ricostruito anche il Tempio, che fu dedicato nel 516 A.C.
Esdra, di ritorno da Babilonia con un nuovo gruppo di esiliati, fu allarmato nel trovare il gruppo venuto in precedenza tanto scoraggiato. Egli attuò una riforma religiosa e per un certo tempo la vita fu più tollerabile.
Il valore religioso del libro sta in questo insegnamento: anche se la vita non è sempre facile, può tuttavia essere vissuta bene con l’aiuto di Dio.
Le lotte che dovette affrontare il popolo di Dio sembravano insuperabili, ma giorno per giorno riuscì a superarle. La sua forza veniva dal Signore.
Se riusciamo a imparare questa lezione, anche noi avremo successo. Nessuno sa quali difficoltà puo’ riservarci il domani, ma la meditazione sul libro di Esdra può infonderci nuova fiducia.
Dio non è cambiato, anche se il modo in cui Egli attua i suoi disegni oggi può essere diverso da allora.

Lo schema del libro è il seguente:
1) Editto di Ciro                1,1-11
2) Censimento della popolazione    2,1-70
3) Ricostruzione del Tempio        3,1-6,22
4) Ritorno di Esdra            7,1-10,44

Conclusione del libro.
Il protagonista è Esdra, ispettore religioso inviato dal re di Persia e il racconto si interessa al travagliato periodo della storia ebraica dopo il ritorno degli esiliati in Babilonia (538 A.C.), intesi a ricostruire le mura e il tempio di Gerusalemme tra mille difficoltà, non senza mettere alla base una riforma religiosa e morale.
Svanita la speranza e la possibilità di una autonomia politica, la comunità ebraica è completamente impegnata nella vita religiosa e diventa la chiesa del “resto” degli Israeliti che si è mantenuto fedele, e sul quale si erano appuntate le più rosee previsioni dei profeti.
In quest’epoca nasce il cosiddetto Giudaismo, che è la religione praticata dalla comunità ebraica dopo l’esilio.

Il Libro di Neemia

Questo libro per certi aspetti è parallelo a quello di Esdra.
Neemia era un funzionario molto stimato alla corte del re di Persia, ma era anche impegnato nei confronti della sua nazione e del suo popolo.
venuto a conoscenza delle difficoltà in cui versavano i rimpatriati in Palestina, chiese al re il permesso di andare a Gerusalemme per aiutarli.
La sua preoccupazione maggiore era la ricostruzione delle mura, senza le quali la città restava indifesa.
Neemia doveva essere un uomo molto energico e con un carattere carismatico, poichè nell’arco di 52 giorni le mura furono ricostruite.
Egli tuttavia non trovò distrutte solo le mura, ma anche la vita della popolazione. C’era un diffuso scoraggiamento, i comandamenti di Dio erano trasgrediti e il lassismo era penetrato anche tra i sacerdoti.
La situazione non era migliore di quanto lo fosse prima della catastrofe dell’esilio.
Neemia quindi ritenne assolutamente necessario adottare provvedimenti concreti per porre rimedio a tale situazione. I provvedimenti consistevano in una radicale riforma religiosa e morale che doveva riportare il popolo, gli stranieri che abitavano nella regione e i sacerdoti a vivere secondo i comandamenti di Dio.
Neemia aveva un temperamento in netto contrasto con quello di Esdra, con il quale si trovò a lavorare. Mentre Esdra aveva il carattere calmo dello studioso, Neemia era un uomo d’azione che non avrebbe esitato ad affrontare qualunque ostacolo, se fosse stato necessario.
Lavorando insieme i due uomini portarono a termine il loro compito.
In questo libro troviamo due temi significativi.
Primo, il pericolo di scivolare indietro è sempre in agguato. Dobbiamo stare sempre all’erta. Se lo scoraggiamento colpì il popolo di Israele, può colpire chiunque.
Secondo, Dio per la sua opera utilizza persone che non sono necessariamente della stessa indole. Esdra e Neemia erano caratteri molto diversi, ma Dio li utilizzò entrambi.
E può utilizzare anche noi, se glielo consentiamo.

Schema del libro:
1) Ricostruzione delle mura di Gerusalemme 1,1-7,72
2) Pentimento del popolo 8,1-10,40
3) Riforma religiosa 11,1-13,32

Il “resto” di Israele.
Dio ha promesso ad Abramo una discendenza “numerosa come le stelle del cielo” (Gen 15,5).
Ma le sconfitte militari, le invasioni straniere, le distruzioni, la diaspora e la deportazione in Babilonia, hanno spesso posto il problema della sopravvivenza del popolo di Israele, nonostante le divine promesse.
Tuttavia si incomincia a parlare di un “resto” che sopravviverà evocando speranza (Esd 9,8.13-15; Ne 1,2): questi superstiti costituiscono il “resto” risparmiato da Dio e identificato, dopo Ez 6,8-10 con i deportati di Babilonia (cf. Is 4,3ss).
I profeti fanno spesso riferimento a questo motivo di speranza, come Is 10,22 e Ger 11,23.
Il tema inizia ad essere presente in mezzo alle catastrofi politiche e militari del IX° secolo (cf. 1 Re 19, 15-18), ma ha dei precedenti:
la vicenda di Noè (Gn 6,5ss.17ss; cf. Sir 44,17) e le sofferenze di Israele nel deserto, che provocano la morte di buona parte del popolo eletto (Es 32,28; Nm 17,16; 21,6; 25,9).
Dio mantiene sempre le sue promesse nonostante l’infedeltà del suo popolo.

CONCLUSIONE:

Il libro di Neemia, come quello di Esdra, è di grande importanza per la storia della restaurazione giudaica dopo l’esilio.
Esdra è veramente il padre del giudaismo con le sue tre idee fondamentali: la stirpe eletta, il tempio, la legge. Neemia è al servizio delle stesse idee ma si muove su di un altro piano: nella Gerusalemme restaurata e ripopolata per la sua opera, egli offre al popolo la possibilità e il gusto di una vita nazionale.
La sua memoria ce lo fa conoscere sensibile e umano, pronto a pagare di persona, ma prudente e riflessivo, fiducioso in Dio che prega spesso. Lasciò di sè un grande ricordo e Ben Sira canta l’elogio di colui che “rialzò le nostre mura demolite” (Sir 49,13).