Introduzione generale ai Vangeli

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DALL’ANTICO AL NUOVO TESTAMENTO 

Nel tempo antico Dio aveva promesso a Israele che un giorno avrebbe concluso una nuova alleanza (testamento) con il suo popolo (cf: Ger 31,31-34). In quell’occasione avrebbe “scritto la legge nel loro cuore” anzichè su tavole di pietra (come i Dieci Comandamenti).
Gesù è la realizzazione di questa “nuova alleanza” mediante la sua vita, morte e risurrezione, ed è per questa ragione che gli scritti che si riferiscono a Gesù e alla sua Chiesa sono chiamati Nuovo Testamento.
Però a questo punto, prima di affrontare la seconda parte della Bibbia, è opportuno valorizzare bene il cammino che abbiamo percorso insieme fino ad oggi, cioè l’Antico Testamento, per poter passare poi al nuovo.
Questi 46 libri che abbiamo già considerato mostrano la straordinaria sapienza di Dio nell’educare il suo popolo.
Afferma la Dei Verbum al cap. 15: “Questi libri, sebbene contengano cose imperfette e temporanee dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina”.
Come i genitori educano i loro figli nel cammino della vita stando al loro fianco in modo sempre nuovo e adatto alla loro età, così Dio ha accompagnato il popolo di Israele nel lungo cammino alla scoperta del suo vero volto.
L’Antico Testamento ci rivela una sapiente e progressiva pedagogia divina che da Abramo,il primo chiamato, arriva fino a Maria di Nazaret, colei che ha tenuto sulle sue braccia la Luce delle genti e la Gloria di Israele.
L’Antico Testamento manifesta dunque la passione paterna e materna che anima il cuore di Dio: educare.
Come ha educato il suo popolo e lo ha guidato incontro a Cristo (cf. Lc 2,25-38), così oggi Egli continua, nello Spirito Santo, a educare ciascuno alla fede in Cristo.
Nel testo di Isaia 46,3-4 si intravede come la firma di Dio alla sua opera di sapiente e fedele pedagogo. Il Signore definisce se stesso come Colui che dal grembo materno fino alla vecchiaia “porta” il popolo e ciascuno, rimanendo perennemente fedele alla sua promessa di salvezza.
La preghiera che sgorga dal cuore di Israele diventa allora un commosso ringraziamento a Dio che “li ha sollevati e portati su di sè in tutti i giorni del passato” (Is 63,7-9).
I Padri del Concilio esortano quindi i fedeli a “ricevere con devozione i libri dell’Antico Testamento che esprimono un vivo senso di Dio, nei quali sono racchiusi sublimi insegnamenti, una sapienza salutare per la vita dell’uomo e mirabili tesori di preghiere, nei quali infine è nascosto il mistero della nostra salvezza, cioè Cristo (DV 15).
Leggiamo: “Dio dunque, il quale ha ispirato i libri dell’uno e dell’altro Testamento e ne è l’autore, ha sapientemente disposto che il Nuovo fosse nascosto nell’Antico e l’Antico diventasse chiaro nel Nuovo” (DV 16).
Questa frase di Sant’Agostino esprime la comune fede della Chiesa nell’unità delle due parti della Bibbia. Esse sono tra loro inseparabili.
Il mistero di Cristo, cuore pulsante di tutta la Bibbia, si illumina di sempre nuove luci multicolori ogni volta che si legge l’Antico Testamento con la luce della piena Rivelazione contenuta nel Nuovo Testamento (cf. 2 Cor 3,14-16).
Ma già l’Antico Testamento porta in sè molta luce che permette di comprendere e spiegare il Nuovo Testamento (cf. 2 Pt 1,19).
Le promesse, le attese, la storia della fede racchiuse nell’Antico Testamento si rivelano così nella loro pienezza.
Dice Gesu’: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti (= Antico Testamento), non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finchè non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno della legge, senza che tutto sia compiuto (Mt 5,17-18).
Gesù dice chiaramente il suo pensiero sull’Antico Testamento: nè abolizione nè immutabilità o fissità, ma compimento.
L’antico Testamento è dunque preparazione, promessa, annuncio, attesa di una pienezza: Gesù Cristo (cf. Gv 5,39.45-47).
E’ bello ripensare allo stupore e alla grande gioia degli apostoli e dei primi discepoli che dal giorno di Pentecoste in poi, illuminati dallo Spirito Santo, rileggono l’Antico Testamento e dicono: “E successo proprio come è scritto… e noi lo abbiamo visto realizzato con i nostri occhi”.
L’Antico Testamento diventa testimone vivo di Cristo. E un testimone lo si lascia parlare e lo si ascolta con passione.
Afferma San Paolo: “Tutto quello che è stato scritto prima di noi è stato scritto per la nostra istruzione, perchè mediante la perseveranza e la consolazione che ci vengono dalle Scritture, teniamo viva la nostra speranza” (Rm 15,4).
La convinzione che San Paolo esprime ha un grande valore teologico. Egli, dopo l’esperienza della sua folgorante conversione a Cristo, è davvero diventato uno scriba sapiente che improvvisamente ha scoperto cose nuove e antiche (cf. Mt 13,52) dal suo tesoro (l’Antico Testamento) scrutato con gli occhi della fede in Gesù.
La perseveranza e la consolazione di cui parla San Paolo sono doni molto importanti.
La perseveranza è la capacità di resistere alle prove della vita perchè sorretti dalla fede incrollabile in un Dio personale, vicino, salvatore. La perseveranza dà al peccatore la forza di ricominciare (cf. 2 Sam 11-12) e al credente la forza di resistere alle contraddizioni (cf. Gen 22,1-19).
La consolazione è la percezione della presenza viva, amante, amica, forte di Dio che conosce il modo giusto di parlare al cuore di ciascuno, nel luogo e nel momento adatto rianimando la fede, la speranza, l’amore.
Questi due doni effusi dallo Spirito Santo nella storia del popolo di Israele e nei suoi singoli protagonisti sono per San Paolo un grande segno della fedeltà di Dio alla sua opera di salvezza.
Perseveranza e consolazione sono i due doni che brillano in modo eccezionale nella vita di Cristo, nel suo cammino verso la croce. E’ quindi ovvio per San Paolo che essi siano il principale frutto delle Scritture poichè in esse Cristo è già misteriosamente presente (1 Cor 10,1-4).
Quanto San Paolo afferma dell’Antico Testamento faceva tuttavia già parte, in una certa misura, della coscienza storica del popolo di Israele, come si può constatare leggendo 1 Mac 12,9 (anno 144 A.C.)
Per chi ha fede l’intera Sacra Scrittura è parola che dona la vita.
E’ messaggio di amore perchè tutto quello che espone e racconta s’inserisce nel piano salvifico di Dio. Di un Dio che si comunica nell’amore e invita urgentemente gli uomini a dare la loro personale risposta, che non deve essere solo positiva ma ispirata alla carità.
E’ infatti nella carità che si compendiano la legge e i profeti. I precetti e le osservanze non hanno alcun senso, se manca la linfa della carità.
Infine tutta la Sacra Scrittura è sorgente di preghiera in quanto, ad ogni pagina stimola il lettore a una comunione sempre più intima e profonda con Dio.

IL NUOVO TESTAMENTO E’ TESTIMONIANZA PERENNE E DIVINA DELL’OPERA DI CRISTO.

La riflessione dei Padri del Concilio Vaticano II sugli scritti del Nuovo Testamento inizia con una forte e solenne affermazione: “La parola di Dio, che è potenza divina per la salvezza di chiunque crede (Rm 1,16), si presenta e manifesta la sua forza in modo eminente negli scritti del Nuovo Testamento” (Dei Verbum 17).
La parola di Dio è il vero tesoro dell’uomo, “io gioisco per la tua parola come uno che trova grande tesoro” (Sal 119,162). E’ l’autentica ricchezza che non si corrompe nè perde valore. Trovarla e custodirla nella riflessione e nella preghiera è fonte di gioia crescente che appaga il desiderio di ogni cuore.
Quanto l’Antico Testamento aveva descritto con varie immagini, ora diventa visibile e udibile attraverso una esistenza storica concreta e sperimentabile (1 Gv 1,1-4).
Cristo è il dono assoluto perchè non si può dare più che se stessi; Cristo è l’alleanza fatta persona. Cristo è il mediatore perfetto tra Dio e l’uomo; Cristo è dunque la piena e definitiva rivelazione di Dio come comunione infinita di amore.
Questi scritti sacri del Nuovo Testamento non sono semplicemente una biografia di Gesù, nè una cronaca degli avvenimenti successi: essi sono predicazione, annuncio di fede.
I quattro Vangeli, scritti in un arco di tempo che va dagli anni 50 agli anni 90 dopo Cristo, sono frutto di comunità cristiane apostoliche viventi in ambienti e tempi diversi tra loro. La loro formazione ha percorso tre grandi tappe:
– L’esperienza degli apostoli con Gesù durante la sua vita pubblica, dal Battesimo alla sua Ascensione.
– Il tempo che segue la Pentecoste: gli apostoli, illuminati dallo Spirito Santo, annunciano quanto Gesù aveva detto e fatto. Ovunque fondano comunità, riunendo i fedeli che hanno accolto il messaggio della salvezza.
– La predicazione degli apostoli, dapprima esclusivamente orale, comincia ad essere messa per iscritto. Nascono le prime raccolte di parole di Gesù, di miracoli, di discorsi, ecc. (cf. Lc 1,1-4)

In alcune comunità apostoliche vengono redatti i vangeli che noi conosciamo: secondo Matteo (Palestina), secondo Marco (Roma), secondo Luca (Siria) e secondo Giovanni (Grecia).
Quali criteri hanno seguito gli evangelisti (autori sacri) nello scrivere i vangeli ? Ecco come rispondono i Padri del Concilio nel documento Dei Verbum (D.V. 19):
Scegliendo alcune cose tra le molte che erano tramandate a voce o per iscritto.
Alcune altre sintetizzando.
Altre spiegando con riguardo alla situazione delle Chiese.
Conservando infine il carattere di predicazione, in modo da riferire su Gesù con sincerità e verità.

Fondamentale per ogni cristiano che si accosta alla Sacra Scrittura è l’opera dello Spirito Santo che introduce alla piena verità (Gv 16,13) in sintonia con il Vangelo  (Gv 14,16).
La rivelazione biblica non è un messaggio chiuso, ma un annuncio cui ogni cristiano è chiamato a dare la forma rispondente alle nuove esigenze dei tempi, nell’amicizia profonda e personale con Cristo e nell’adesione piena alla sua parola (1 Gv 4,2-3).
La comprensione spirituale del Vangelo e di Dio è il risultato del nascere di una relazione con Dio attraverso l’obbedienza amorosa ai suoi comandamenti. Non si tratta semplicemente di una comprensione di testi e versetti, bensì di una comprensione del potere della Parola e di una conoscenza della vita che scaturisce dal versetto, basate sull’esperienza, la fiducia, la testimonianza e su una fede in Dio che cerca di essere ogni giorno più forte.
Fate attenzione dunque a come ascoltate ! (Lc 8,12-15.18).
Sembra che il Signore voglia dire che uno ascolta con il cuore più che con le orecchie, e che la sua vita interiore influisce sulla parola di Dio: o uccidendola oppure facendola vivere e crescere rigogliosa.
La parola ascoltata con il cuore va poi custodita con amore, per poter essere messa in pratica: il cuore che è pronto ad accogliere la volontà di Dio non permetterà che la parola del vangelo gli sfugga o sia dimenticata perchè nell’ascolto attento è penetrata profondamente nella sua interiorità.
Dio parla e ogni uomo sulla faccia della terra può ascoltare la sua voce, comprendere e rispondere, come se fosse chiamato personalmente per nome. La sua voce è la voce di tutte le età, non si affievolisce nè muore allo spirare della brezza, nè si smorza, nè ritorna a Lui vuota ( Is 55,10-11; Eb 4,12-13 ).
Nessuno può ascoltare la voce del Figlio di Dio, se non chi apre il proprio cuore e la propria mente per comprendere il suo linguaggio. E le parole e i toni di questo linguaggio sono fatti di amore, tenerezza, pace, mitezza e continua attenzione paterna, per quanto dure possano apparire la vita e le sue condizioni.
Il Signore è vicino. Egli è umile e la sua voce sommessa, più sommessa di quella dell’uomo, ma profonda, più profonda dell’eternità stessa.

I VANGELI IN GENERALE

Gli autori ispirati dei Vangeli non sono personaggi isolati ed estraniati dalla realtà: sono prima di tutto dei credenti.
Marco, Paolo… sono dei battezzati, sono uomini che credono, celebrano l’Eucaristia, vivono la loro fede, sperimentando la lotta con le proprie miserie, annunciano il Vangelo. Sono cioè ben radicati nella comunità, ne respirano la vita del Vangelo, vivono l’amore fraterno, imparano, insegnano, maturano.
Così sono stati, allo stesso modo, gli autori dell’Antico Testamento.
In questo tessuto comunitario Dio li sceglie impegnandoli a scrivere la Parola di Verità per la salvezza di tutti gli uomini.
Il carisma dell’ispirazione è dunque un dono che lo Spirito fa ai singoli, ma costoro sono sempre inseriti in un popolo, in una comunità animata e sostenuta dallo Spirito Santo.
Tutto ciò è molto bello perchè ci mostra come Dio ci doni la sua Parola passando attraverso l’aspetto umano della personalità, del linguaggio, dell’ambiente sociale e religioso degli uomini da Lui scelti.
Ora, dei quattro vangeli, i primi tre, cioè gli scritti di Matteo, Marco e Luca, presentano tali somiglianze tra loro che si possono benissimo mettere in colonne parallele e abbracciare “con un colpo d’occhio”: da qui il nome di “sinottici”.
Matteo scrisse la sua testimonianza in Palestina, per i cristiani convertiti dal giudaismo.
Marco, un discepolo di Gerusalemme che servì Paolo, Barnaba e Pietro nell’apostolato, scrisse a Roma mettendo per iscritto la catechesi orale di San Pietro.
Un altro discepolo, Luca, medico di origine pagana, nato ad Antiochia, compagno di Paolo nel suo secondo e terzo viaggio apostolico, scrisse il suo Vangelo e gli Atti degli Apostoli ascoltando proprio soprattutto Paolo.
Fra i tre scritti, che hanno attinto in modo parallelo e indipendente a fonti comuni, vi sono molte somiglianze ma anche certe divergenze, certo frutto di personalità diverse e dei diversi ambienti in cui stavano testimoniando.
All’inizio, infatti vi fu la predicazione orale degli apostoli, centrata attorno al messaggio che annunziava la morte redentrice e la risurrezione del Signore. Presto e specialmente a partire dal momento in cui i testimoni della prima ora cominciavano a scomparire, ci si preoccupò di mettere per iscritto questa tradizione, completandola a poco a poco con la predicazione e i miracoli di Gesù, e per Matteo e Luca con gli avvenimenti della nascita e dell’infanzia di Cristo.
I redattori dei vangeli, riunendo le loro testimonianze, lo hanno fatto con la stessa cura di onesta obiettività che rispetta le fonti.
Non si deve dire però che ogni fatto o detto da loro riferito può essere preso per una riproduzione rigorosamente esatta di ciò che è successo nella realtà, perchè lo scopo dell’autore sacro non era la cronaca come la intendiamo noi oggi.
Per questo il medesimo episodio o la stessa parola possono essere stati trasmessi in modo differente dai diversi vangeli, sia per il contenuto di detti episodi, e anche per l’ordine in cui si trovano organizzati.
Queste constatazioni però non pregiudicano la fede dei cristiani nell’autorità dei libri ispirati. Se lo Spirito Santo non ha concesso ai suoi interpreti di raggiungere una perfetta uniformità nel dettaglio, è perchè non dava alla precisione materiale una importanza per la fede.
E’ indubbio che in molti casi i redattori evangelici hanno voluto coscientemente presentare le cose con criteri personali; e anche prima di loro la tradizione orale di cui sono gli eredi non ha trasmesso i ricordi evangelici senza interpretarli e adattarli in diversi modi ai bisogni della fede viva di cui erano portatori.
Ma tutto questo si è verificato sotto la direzione dei responsabili di quella comunità che era la Chiesa, che costituivano il primo magistero.
Lo Spirito Santo che doveva ispirare gli autori del vangelo già presiedeva a tutto questo lavoro di elaborazione preliminare e lo guidava nel crescere della fede, garantendo il messaggio spirituale.
Lo Spirito ha infatti concesso ai tre evangelisti di presentare il comune messaggio, ciascuno in un modo che gli è proprio.
Per quanto riguarda il Vangelo di San Giovanni, essendo scritto in epoca più tardiva, è stato elaborato all’interno di una comunità più matura nella fede e si propone già come una profonda riflessione teologica sui fatti narrati; come il punto di arrivo di uno sforzo perseguito sotto la guida dello Spirito Santo, per una intelligenza più luminosa del mistero di Cristo.
Queste sintetiche note introduttive sono assolutamente necessarie per poter ora prendere in considerazione ciascuno dei vangeli, e comprenderne sufficientemente il messaggio di salvezza.