Levitico

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Il libro del Levitico serviva da manuale o prontuario agli antichi sacerdoti di Israele. Gran parte di esso, infatti, fissa le regole specifiche riguardanti le offerte, i sacrifici, la purificazione rituale, l’ordinazione, le celebrazioni e le feste.

Vi sono inoltre norme che esulano dall’ambito delle istituzioni religiose e riguardano gli eventi della vita ordinaria.

L’implicazione di tutte queste normative e’ che, di fatto, tutti gli aspetti della vita hanno un carattere religioso: tutto cio’ che facciamo, sia in atti strettamente di culto o meno, fa parte del nostro rapporto con Dio.

Ad esempio, non dobbiamo distinguere la vita in categorie di sacro e di profano, ritenendo che solo le cosiddette attivita’ sacre appartengano a Dio.

Dio considera ciascuno di noi come una totalita’ e tutti gli aspetti della nostra vita – lavoro, culto, rapporti, creativita’, famiglia – sono importanti per lui.

Questo insegnamento del libro del Levitico e’ per noi un grande conforto. In pratica, non dobbiamo pensare che il libro non abbia interesse o valore per noi, semplicemente perche’ queste norme furono formulate per un popolo antico essenzialmente rurale e agricolo, mentre noi siamo per la maggior parte un popolo moderno, urbanizzato e industriale.

Un leggero cambio dei nostri schemi mentali e’ sufficiente per farci superare queste difficolta’ e di fatto queste idee presentano una sorprendente attualita’. Ad esempio, le norme relative alla purita’ sessuale (15, 1-33) sottolineano la santita’ del sesso e mettono in guardia contro la trascuratezza delle malattie veneree. Questi sono problemi che non passano e che l’uomo si trovera’ sempre a dover fronteggiare.

 

Spunti teologici del Libro del Levitico:

I temi teologici presenti in tutto il libro sono per noi di grande importanza.

Il primo spunto rilevante e’ che Dio e’ santo e si aspetta che anche il suo popolo sia santo. Questa santita’ pratica deve essere la regola di tutta la nostra vita.

Il secondo e’ che tutte le forme di vita devono essere considerate come appartenenti a Dio. Non dobbiamo mai pensare di poter escludere Dio dalle nostre attivita’; Egli e’ e’ attivamente interessato a tutto cio’ che facciamo.

Il terzo spunto e’ che il peccato deve essere espiato.

Il complesso di sacrifici ordinati da Dio mirava a dare una dimostrazione chiara dell’espiazione e prefigurava il grande sacrificio che alla fine sarebbe stato offerto da Cristo.

In ultima analisi il sangue dei vitelli e delle capre non e’ in grado di cancellare il peccato, cio’ che invece puo’ fare e fa la morte di Gesu’.

Infine, dobbiamo imprimere alla nostra vita una svolta orizzontale oltre che verticale. I nostri rapporti con gli altri esseri umani sono altrettanto importanti quanto i rapporti con Dio: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (19,18).

Gesu’ disse che questo non era meno importante dell’amore a Dio e infatti ne fece un comandamento specifico (Mt 22,37-40; Mc 12,30-31; Lc 10,27).

La nostra devozione verso Dio fa parte di una veduta globale della vita: tutto cio’ che e’ vita appartiene a Dio.

Il libro del Levitico e’ stato scritto per mostrare agli antichi Israeliti, e anche a noi, come vivere una vita consacrata a Dio.

       

1) Rituale dei sacrifici (1 – 7):

L’insieme del rituale dei sacrifici e’ collegato col soggiorno di Israele nel deserto e posto sotto l’autorita’ di Mose’.

In realta’, accanto a regolamentazioni antiche, sono presenti anche norme che hanno ricevuto la forma definitiva solo dopo il ritorno dall’esilio babilonese (Editto di Ciro –538 A.C.), epoca della redazione finale del libro.

Nel rituale minuzioso dell’antica legge, la tradizione cristiana ha preferito vedere un insieme di preparazioni e di prefigurazioni del sacrificio unico e redentore di Cristo (cf. Eb 8ss) e dei sacramenti della chiesa.

 

Gli “olocausti” (letteralmente: tutto bruciato) sono i sacrifici nei quali la vittima e’ completamente consumata.

L’imposizione delle mani da parte dell’offerente (v. 4) e’ una attestazione solenne che questa vittima, presentata poi dal sacerdote, e’ un sacrificio suo personale.

I racconti fanno risalire questo tipo di sacrificio all’epoca del deserto (Es 18,12; Nm 7,12) e anche ai patriarchi (Gen 8,20; 22,9-10), ma in realta’ le attestazioni storiche piu’ antiche datano dall’epoca dei Giudici (cf, Gdc 6,26; 11,31; 13,15-20).

In Lv 1 e’ dato all’olocausto un valore espiatorio; nell’epoca antica e’ piuttosto un sacrificio di ringraziamento (cf. 1 Sam 6,14; 10,8; 2 Sam 6,17) o un sacrificio per ottenere un favore da Dio (1 Sam 7,9; 13,9; 1 Re 3,4).

 

Il “rito espiatorio”:

L’espiazione e’ il sacrificio per mezzo del quale l’uomo che ha offeso Dio trasgredendo l’alleanza puo’ rientrare in grazia. L’animale offerto in sacrificio e’ stato interpretato come un riscatto (cf. Es 30,12).

Nel Nuovo Testamento l’espiazione apparira’ non piu’ come un pagamento o una sostituzione, ma come il dono della vita di Dio per vivificare gli uomini (Rm 3,25-26).

La funzione del sacerdote comincia quando il sangue della vittima e’ messo in contatto con l’altare.

E’ la legge generale di ogni sacrificio: solo il sacerdote sale all’altare (cf. Es 18,7ss).

Il sangue era considerato come la sede del principio vitale (Gn 9,4; cf. Dt 12,16.23; Sal 30,10); da cio’ il suo valore espiatorio (cf. Lv  17,11) e la sua funzione di primo piano nel rituale dei sacrifici e nelle alleanze (Es 24,8).

Secondo il costume antico ogni macellazione e’ dunque un atto cultuale che deve compiersi su un altare (1 Sam 14,32-35) e, secondo Lv 17,3ss, nel santuario (cf. 17,4ss).

Sono distinti due tipi di sacrifici espiatori: sacrificio per il peccato e sacrificio di riparazione, anche se e’ difficile dire in che cosa differiscano, essendo qui previsti per casi molto simili (cap. 5).

 

Nel sacrificio detto “di comunione” la vittima e’ divisa tra Dio e l’offerente.

E’ un banchetto sacro: le parti piu’ vitali della vittima sono offerte a Dio; una parte scelta viene data ai sacerdoti (cf. 7,28ss) e il resto e’ consumato dai fedeli. In epoca antica, questo tipo di sacrificio era frequente e formava il rito centrale delle feste, esprimendo per eccellenza la comunita’ di vita, la relazione di alleanza e di amicizia tra i fedeli e il loro Dio.

Il sacrificio di comunione puo’ essere offerto “in ringraziamento” (7,12-15) o in soddisfazione di un voto o come offerta spontanea (7,16-17).

 

2) Il sacerdozio e il Tabernacolo.   (8,1 – 10,20)

Il capitolo 8°, sotto forma di un racconto, quello dell’investitura di Aronne e dei suoi figli, da’ il rituale dell’investitura del sommo sacerdote. Questo rituale comprende la vestizione e l’unzione (versetti 7-13), poi un sacrificio per il peccato, necessario per consacrare l’altare (versetti 14-17), poi l’olocausto (versetti 18-21) e infine il sacrificio di investitura (versetti 22-35).

L’entrata in funzione del sacerdote segue nel capitolo 9°.

 

3) Norme riguardanti la vita dell’uomo.   (11,1 – 15,33)

La “legge di purita’” e’ unita alla “legge di santita’” (cap. 17-26) come i due aspetti, negativo e positivo, di una stessa esigenza divina.

Le regole date qui si fondano su proibizioni religiose molto antiche: e’ puro cio’ che puo’ avvicinare a Dio, e’ impuro cio’ che rende inetti al suo culto o ne e’ escluso.

Gli animali puri sono quelli che possono essere offerti a Dio (Gen 7,2), gli animali impuri sono quelli che i pagani considerano come sacri o che, sembrando ripugnanti o cattivi all’uomo, sono considerati non graditi a Dio.

Altre regole riguardano la nascita (12), la vita sessuale (15), la morte (21,1.11; cf. Nm 19,11-16), misteriosi domini in cui agisce Dio, signore della vita.

Un segno di corruzione come la lebbra (13,1ss) rende ugualmente impuri. Ma oltre questa impurita’ rituale, i profeti insisteranno sulla purificazione del cuore (Is 1,16; Ger 33,8; cf. Sal 51,12) preparando l’insegnamento di Gesu’ (Mt 15,10-20) che libera i suoi discepoli da prescrizioni di cui non si riteneva piu’ che l’aspetto formale ed esteriore (Mt 23,24-26).

4) Il grande giorno dell’espiazione.     (16,1 – 34)

Questo capitolo chiude l’enumerazione delle impurita’ con il rito annuale che le espia tutte.

La redazione combina due rituali: un sacrificio espiatorio (vv 6.11-19) e il rito dell’invio del capro ad Azazel (vv 8-10.20-22.26).

Azazel, in ebraico “forza di Dio” e’ il nome di un demone che gli antichi cananei credevano abitasse il deserto, terra infeconda e inospitale. L’animale non e’ sacrificato ad Azazel, ma il capro porta nel deserto, soggiorno di questo demone, le colpe del popolo.

Il trasferimento e l’espiazione avvengono “davanti a Dio” (v 10) attraverso la mediazione del sacerdote (v 21).

 

5) Santita’ davanti a Dio intesa come vita etica  (17,1 – 22,33)

La santita’ e’ uno degli attributi essenziali del Dio di Israele (cf. Lv 11,44-45; 19,2; 20,7-26; 21,8; 22,32ss).

Questa santita’ si comunica a cio’ che avvicina a Dio o gli e’ consacrato: i luoghi (Es 19,12ss), i tempi (Es 16,23; Lv 23,4), l’arca (2 Sam 6,7ss), le persone (Es 19,6ss), specialmente i sacerdoti (Lv 21,6), gli oggetti (Es 30,29).

La nostra liturgia acclama Dio tre volte “santo”; proclama Cristo come il solo santo; celebra poila Festadei Santi. Parla inoltre del santo Vangelo, della Settimana Santa; tutti noi siamo poi chiamati a diventare santi.

La santita’ appare pertanto una realta’ complessa che entra nel mistero di Dio, e che presenta aspetti conseguenti di culto e moralita’.

Comprende in se’ i termini di “sacro” e di “puro”, ma li supera.

Sembra che possa essere riferita esclusivamente a Dio, ma nello stesso tempo costituisce un obiettivo per le creature.

Il termine semitico originario deriva da una radice che significa “riservato”, “separato” e tende a definire qualcosa di “altro” da cio’ che e’ profano; le cose sante sono quelle che possono essere raggiunte solo in certe particolari condizioni di purita’ rituale, evocando situazioni di timore e di attrazione insieme.

Rivendicando per se’ esclusivamente adorazione e obbedienza, Dio esige di essere riconosciuto santo, considerato l’unico, vero Dio.

Se i dettagli dei sacrifici sono minuziosamente stabiliti (Lv 1-7) e le condizioni di purita’ per il culto rigorosamente fissate (Lv 12-15), Dio chiede con autorita’ che il suo santo Nome non sia profanato (Lv 22,32), perche’ e’ nella liturgia ben celebrata che Egli manifestala Suagloria (Lv 9,6-23; cf. Lv 10,1ss) e rivelala Suamaesta’.

Ma questa adorazione ha valore se unita ad una sincera obbedienza della Legge (Lv 22,31ss), a fede salda (Dt 20,12), a personale lode interiore (Sal 99,3-9): in questo consiste il “timore di Dio”, nel riconoscerela Sua Santita’ (Is 8,13).

Dopo essere stato scelto e tenuto separato dagli altri popoli, Israele e’ chiamato ad essere il “popolo santo”. Grazie al suo misterioso, perseverante amore, Dio vive e cammina in mezzo al suo popolo (Es 33,12-17); si rende presente nella nube e nell’arca dell’alleanza.

La sua presenza attiva favorisce negli Israeliti una santita’ che non e’ solo rituale, ma una reale dignita’ che esige un comportamento morale di livello elevato. Infatti e’ proprio per santificare il suo popolo che Dio promulgala Legge(Lv 22,31ss).

La forza di Israele non risiede nelle armi, ma nella sua fede in Dio, il Santo di Israele (Is 7,9). E’ Lui che conferisce la “diversita’” che distingue il suo popolo dalle altre nazioni, ma anche ogni protezione e una speranza invincibile (Is 60,9-14).

Israele deve rispondere a questa libera scelta di Dio che esige la santita’, collaborando attivamente a questo scopo. Pertanto il popolo eletto “deve” purificarsi, lavarsi, eliminando tutto cio’ che contrasta con la santita’ di Dio, prima di assistere alla sua manifestazione o compiere atti di culto (Es 19, 10-15).

Ma in ultima analisi e’ Dio solo che conferisce purezza attraverso il sangue del sacrificio (Lv 17,11) o purificando il cuore (Sal 50, Miserere).

I profeti e il libro del Deuteronomio non fanno che ripetere che i sacrifici in espiazione dei peccati non sono sufficienti a placare Dio; ma piuttosto sono richiesti giustizia, obbedienza e amore (Is 1,4-20; Dt 6,4-9).

Cosi’ il comandamento “siate santi, perche’ io, il vostro Dio, sono santo” (Lv 19,2; 20,26), non si riferisce solo a una purezza del culto, ma a una vita vissuta in santita’, che pertanto deve esprimersi negli aspetti familiari, sociali ed economici delle relazioni umane, senza tuttavia escludere il rispetto accurato ed attento delle prescrizioni relative al rituale, contenute nei vari codici (cf Lv 17-26).

Infine viene affermato che nell’uomo la santita’ e’ suscettibile di progresso.

Solo coloro che superano con fede le prove e le difficolta’ che trovano nel loro cammino possono essere chiamati “santi”. Essi sono gli uomini saggi che temono Dio (sal 34,10), il “resto” di Israele che rimane fedele nelle prove e che testimoniano con sincerita’ e amore il Dio Vivente.

 

6) Feste, celebrazioni e norme varie.     (23,1 – 27,34)

 

Lv 23,4-8 : Pasqua e Pani azzimi.

Per gli Ebreila Pasquaera la festa dell’indipendenza, della liberazione dall’Egitto. Ogni famiglia commemorava simbolicamente la prima Pasqua consumando il pasto rituale come la prima volta.

La festa durava sette giorni durante i quali ricordavano l’Esodo e le peregrinazioni nel deserto mangiando pane non lievitato (azzimo) e astenendosi dal lavoro. (cf. Mt 26,17)

 

Lv 23,9-22 : Pentecoste.

Conla Pentecostegli Ebrei celebravano la festa del raccolto del grano. Era un’occasione festosa di ringraziamento a Dio per tutti i raccolti e per il pane quotidiano.

 

Lv 23,24-25 : Rosh Hashanah (Dio come re, giudice e redentore).

In questi due giorni festivi di Capodanno gli Israeliti si preparavano alla festa di Yom Kippur, che cade dieci giorni piu’ tardi. In questa celebrazione esaltavano Dio che e’ immensamente al di sopra dell’uomo e ne celebravano la grandezza, l’amore e la misericordia.

 

Lv 23,26-32 : Yom Kippur (Espiazione per i peccati della nazione).

Il popolo passava la festa di Yom Kippur (giorno di espiazione) appartato dal mondo, pregando nella casa di Dio mentre i sacerdoti offrivano i sacrifici per i peccati della nazione. In questo giorno, il piu’ santo tra i giorni festivi, gli Ebrei non mangiavano e non bevevano per 24 ore.

 

Lv 23, 33-43 : Sukkot (Peregrinazione di Israele nel deserto).

Durante la festa di Sukkot (dei tabernacoli o delle capanne), che si protraeva per sette giorni, il popolo ringraziava Dio per la protezione accordata e per il raccolto. Viveva per sette giorni in ripari fatti di frasche a dimostrazione della sua vulnerabilita’ nei confronti degli elementi naturali, ma anche della sua fiducia nella protezione di Dio. (cf. Gv 7,2)

 

Il capitolo 24, che proviene da una redazione sacerdotale posteriore, fissa gli usi quotidiani (vv 2-4) o settimanali (vv 5-9) del tempio di Gerusalemme.

Il capitolo 25, riguardante gli anni santi, promulga leggi che vogliono affermare il dominio assoluto di Dio sulla terra: il suolo stesso osservera’ il sabato (cf. Es 20,8ss). L’anno sabbatico appare dal codice dell’alleanza (Es 23,10-11) e la legislazione e’ precisata da Lv 25,1-7.

Per rendere meno onerosi gli impegni connessi (condono dei debiti e liberazione degli schiavi), la si attacco’ a un ciclo di 50 anni: l’anno giubilare (Lv 25,8-17), cosi’ chiamato perche’ lo si annunciava a suon di tromba “jobel” (cf. Is 61,1-12).

Trasferito sul piano spirituale, l’anno santo o giubilare della chiesa, da’ periodicamente ai cristiani l’occasione di un condono dei loro debiti verso Dio.

 

 

 

Concludendo il Libro del Levitico.

Il nome del libro indica che esso riguarda specialmente i sacerdoti di Israele, i quali appartenevano alla tribu’ di Levi, e contiene le prescrizioni che regolavano il culto dell’unico Dio da parte del popolo eletto.

Il libro e’ importante non soltanto per comprendere il mondo religioso in cui visse Gesu’ e la potenza liberatrice del Vangelo, ma anche per le verita’ eterne che emergono dal cumulo di minuziose prescrizioni superate dalla rivelazione cristiana: la necessita’ di onorare Dio con un culto non soltanto interiore e neppure esclusivamente esteriore, l’imitazione di Dio come condizione necessaria di una vera vita religiosa, la giustizia e l’amore come componenti della vera religione.

La Chiesarealizzera’ a un livello superiore e nuovo, grazie all’offerta dell’unico sacrificio a Dio gradito – quello di Gesu’ Cristo suo Figlio – la perfezione di una comunita’ consacrata.